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Guardo la porta che ho lasciato aperta, stretta ad un angolo. Mi
pento e mi dolgo come chi commette un peccato senza gusto, senza dolo.
Porta aperta che fa più paura di una porta che si chiude. Vecchie foto e
vecchie note. Dicono succeda così, d’altronde cosa pretendevo? Solo il
Mare può accogliere gocce all’infinito, un semplice barattolo prima o
poi si riempie e trabocca. Ed io sono meno di un barattolo. Potrei
tentare l’ennesima fuga, ma darei ragione a chi mi dice che sono una
valigia sempre pronta sotto il letto. Non la nascondo neanche più lì, è
in bella vista già da un po’. Fuggire perchè ho la colpa di un peccato
che non ho commesso. E’ come quando cerchi di trattenere l’acqua fra le
mani, sfugge, ti restano le mani umide ma dell’acqua che hai tentato di
tenere a te non restano che poche gocce a ricordarti l’assurdità. Ma io
quell’acqua non ho tentato di catturarla, credo nell’impossibile, ma
fino ad un certo punto, sarebbe stato come se avessi tradito me stessa e
quello che la Vita mi ha insegnato. Sarebbe stato egoismo e non Amore.
Amore. Mi viene in mente una poesia della Aleramo:
Nome
non ha, amore non voglio chiamarlo questo che provo per te, non voglio
che tu irrida al cuor mio com’altri a’ miei canti, ma, guarda, se amore
non è pur vero è che di tutto quanto al mondo vive nulla m’importa come
di te, de’ tuoi occhi de’ tuoi occhi donde sì rado mi sorridi, della tua
sorte che non m’affidi, del bene che mi vuoi e non dici, oh poco e
povero, sia, ma nulla al mondo più caro m’è, e anch’esso, e anch’esso
quel tuo bene nome non ha….
penso
a lei, come a me, mentre continuiamo a stare sedute su una riva a
guardare quel Mare consapevoli che non sarà mai nostro, sicure che se
dobbiamo continuare a nutrire questo Amore che nome non ha e che Amore
non vogliamo chiamare, possiamo solo stare ferme lasciandoci cullare dal
rumore delle onde, senza mai pensare neanche di sfiorarlo.
Non
siamo poi così diversi, ci alterniamo fra alte e basse maree, sempre in
balia di noi stessi e con le navi al posto degli occhi per guardare la
terra ferma. Non giochiamo neanche più a costruire castelli di sabbia,
non costruiamo niente se non con la fantasia per non usare violenza a
quegli elementi che ci hanno reso conchiglie. Le conchiglie, nella
maggior parte dei casi si avvolgono in senso orario, perfezione naturale
da cui ci sottraiamo nel nostro continuo cambiare il corso degli
eventi. Ci abbiamo preso gusto noi, a lasciarci trasportare in un senso o
in un altro, anche solo per non permettere agli Altri di definirci
banali. Gli Altri, quelli che ci osservano e credono che non la
smetteremo mai di fuggire a noi stessi, quelli che credono che la nostra
sia assenza di coraggio, senza sapere che per perdersi fra le onde,
soprattutto se come me non sai nuotare, sia più difficile che star fermi
e piantar radici. Qualche volta ci ho pensato anch’io a piantare radici
da qualche parte, ma è un pensiero claustrofobico. Un vuoto, come se la
terra mi franasse sotto i piedi. Torno al Mare. Il Mio Mare. Torno ad
Itaca, quella stessa Itaca che mi rende Ulisse e Penelope in un viaggio
senza fine, in una tela di ricordi e attese. Un pensiero fisso. Fuggire
per tornare e ricominciare. Non catturare il Mare. Viverlo. Lasciargli
una preghiera. Invocare gli Dei e attendere. Qui. Ad Itaca. Penelope.
Ci sono tramonti che non sono come tramonti: sono albe, nuovi inizi,
pennellate di colore che cambiano il corso delle giornate, le guardi e
sorridi in un bacio che non ti aspetti, dove il sangue scorre più veloce
e cattura le emozioni della porpora e del turchese… et tout passe…
Ci sono silenzi che non sono come silenzi: sono un sorriso che nasce
sulle labbra per le parole non dette, sospese a mezz’aria sulle onde di
un Mare che ne ha viste tante di storie nascere e succedersi… et tout
passe…
Et tout passe… in quello sguardo che si sposta repentino dagli occhi
dell’Altro e suggerisce un gesto di Mani…
Et tout passe… in quell’abbraccio che ti stringe l’Anima prima del
corpo, che accarezza i pensieri dei tramonti a venire…
Vi invita a partecipare alle serate
"OMAGGIO A SEBASTIANO DI MARCO"
Venerdì 19 Marzo e Sabato 20 Marzo 2010 alle ore 20.30
presso il Teatro Comunale "Francesco Cilea" di Reggio Calabria
con il programma in allegato.
Sarà in vendita presso il Teatro Comunale "F.Cilea" il volume "OPERE" pubblicato dalla Città del Sole Edizioni,
raccolta degli scritti editi e inediti di Sebastiano Di Marco
con le illustrazioni di Reno Ammendolea e il DVD del film "QUELLO CHE RESTA…" di Dario Liotta.
I proventi contribuiranno a sostenere l’iniziativa.
Certi della Vostra presenza, Vi chiediamo di volere dare ulteriore diffusione a questo invito.